Bending Spoons è una software company con sede a Milano fondata nel 2013. Oltre a sviluppare app utilizzate in tutto il mondo, lo scorso anno l’azienda ha rilasciato Immuni, l’app sviluppata per il tracciamento del COVID-19 in Italia.
Nel 2019 e nel 2020, è stata premiata come Best Place to Work in Italia. Noi di The Rebel Company abbiamo avuto il piacere di scambiare quattro chiacchiere con Silvia Trebini: coordinator del Graduate Program. Le abbiamo chiesto cosa rende questo programma un’esperienza di successo. Ecco cosa ci ha raccontato.
Silvia, parlaci un po’ del Graduate Program di Bending Spoons: in cosa consiste e che cosa lo rende speciale?
Il nostro Graduate Program è un programma di 12 mesi durante i quali i partecipanti hanno possibilità di esplorare 2/3 aree del nostro business a rotazione, scegliendo tra:
- Engineering
- Data Analysis
- Product
- Recruiting
Il Graduate Program è un’iniziativa che nasce per dare la possibilità a tanti neolaureati, che non sanno ancora esattamente cosa vogliono fare da grandi, di esplorare aree diverse all’interno di un contesto business. Offriamo un approccio molto pratico a temi che magari fino a quel momento loro hanno studiato solo all’università in maniera teorica.
Quello su cui abbiamo puntato è il programma di mentorship, ovvero un training strutturato in cui i ragazzi e le ragazze hanno possibilità di formarsi con tecnologie e processi state-of-the-art, ad esempio: nel team di prodotto loro accedono ai contenuti e allo stesso tempo collaborano attivamente a quelli che sono i prodotti dell’azienda. Non c’è differenziazione netta tra il training e l’attività lavorativa, queste due cose funzionano insieme. Quindi i ragazzi e le ragazze hanno modo di vedere direttamente come si lavora in azienda.
All’interno del programma loro hanno anche degli obiettivi personali di crescita che contribuiscono contemporaneamente agli obiettivi aziendali del team con cui collaborano.
Ci spieghi come funziona il sistema di rotazione?
Le rotazioni possono esserci dopo 6 o 4 mesi. Le aree in cui inserirsi sono scelte dai partecipanti ma sempre in compromesso rispetto a quelle che sono le necessità e disponibilità dei team.
Ti faccio un esempio: il Graduate Program in engineering ti permette di ruotare in product management, mobile engineering, backend engineering, machine learning, cyber security. Quello in soft tech ti permette di ruotare in aree di data, prodotto e marketing. Oppure il nuovo Graduate Program, che si chiama Pursuit of Excellence – in uscita proprio in queste settimane – permette di ruotare a scelta in engineering, recruiting, prodotto.
Diciamo che c’è davvero tanta possibilità di vedere differenti modi di lavorare, ricoprendo differenti ruoli.
Quindi aprite la call e poi lì si trovano una serie di posizioni da scegliere?
Esatto, i candidati esprimono le preferenze e poi ne discutono con hiring recruiter e manager di area.
Ok, io sono una neolaureata: come faccio a candidarmi? Che tipo di profili cercate a Bending Spoons?
Per profili super junior cerchiamo: passione per l’area per cui ti stai candidando, e potenziale. Durante le selezioni andiamo ad esplorare le capacità di problem solving dei candidati perché riteniamo che più che le hard skills (che se sei appena laureato, potrebbero non essere il punto forte della candidatura) è il potenziale di crescita l’elemento importante che che deve essere valutato.
Quindi vi interessa il potenziale oltre le tech skills: non devi essere un programmatore per candidarti a Bending Spoons?
Di base no, ovviamente ci sono una varietà di profili e di aree, e diamo la possibilità di esplorare e scoprire qualcosa di nuovo. Il Graduate Program ha un po’ questo scopo: confrontarsi con cose nuove che le persone non hanno visto o non hanno esplorato a sufficienza nelle esperienze precedenti.
Secondo te cosa rende il Graduate Program un programma di successo?
Credo principalmente il fatto di poter esplorare diverse aree in un solo anno, e dall’altra parte il fatto di ricevere formazione molto pratica e che avviene durante una collaborazione diretta e consistente. E’ davvero una contribuzione attiva per l’azienda e per il/la candidata.
Il Graduate Program dura 12 mesi. Immagino che lo scopo sia trattenere i talenti e quindi anche le selezioni saranno molto dure?
Il Graduate Program prevede delle challenges online tra i primissimi step, e in seguito un paio di interview: una conoscitiva con il team di recruiting e una seconda più verticale nell’ambito del problem solving.
Di tutte queste persone formate avete una buona rate di retention?
In realtà al momento non ci sono tanti dati perché il primo Graduate Program è partito a settembre 2020, però posso dire che è un’esperienza che nasce dalle precedenti esperienze di internship.
Abbiamo capito che che gli studenti dopo la laurea sono confusi e una sola scelta potrebbe essere limitante. Perciò offrire più aree per orientarsi può essere più di impatto nei loro confronti, e allo stesso tempo per noi può essere un’occasione per conoscere più talenti. Spesso sono i giovani che ci chiedono un aiuto per indirizzare le loro scelte lavorative, e questo è un modo per entrare in contatto con loro offrendo anche qualcosa di utile.
Se potessi dare un consiglio a piccole startup e aziende che si stanno affacciando a processi di recruitment o che hanno bisogno di trattenere talenti, cosa consiglieresti?
Negli anni, abbiamo visto che ciò che funziona è puntare su passione e problem solving. Quello che cerchiamo di fare è creare un posto, più che un lavoro, che offra dei task in cui le persone possano davvero appassionarsi, e questo credo sia la chiave del successo dei nostri team perché c’è propria tanta ownership e tanto coinvolgimento.
Il problem solving è facile da testare, ma la passione come si misura?
E’ molto difficile. Noi cerchiamo di coinvolgere più persone durante il processo di recruiting, proprio per avere più punti di vista e limitare il bias umano per quanto possibile. Abbiamo un processo abbastanza strutturato ma cerchiamo sempre e costantemente modi per apportare nuove features, insomma, novità che possano aiutarci a renderlo migliore.
Nel vostro manifesto emerge un forte sentimento pro-giovani. Mi sai dire perché?
C’è questo credere fortemente nel potenziale delle persone, quindi magari sei un talento che ha voglia di fare ma non hai modo di sperimentare con le tue capacità, e questo è un peccato.
Quello che facciamo e su cui puntiamo quindi sono proprio le persone: noi pensiamo che il nostro team sia il nostro asset più forte e per questo vogliamo continuare ad investirci. Per farlo cerchiamo di coprire tutte le possibilità, dai junior ai senior. Ovviamente ai senior offriamo cose diverse ma il Graduate Program è sicuramente una delle direzioni verso le quali ci muoviamo.
Avete mai riscontrato una situazione di conflitto tra generazioni?
Non che io sappia. Probabilmente mettendo al centro le persone poi l’età svanisce.
Cosa consiglieresti per creare maggiore inclusione?
Di credere davvero nel team, puntare su trasparenza e apertura alla collaborazione, e cultura del feedback.
Quindi riassumendo: talento, passione, problem solving, persone al centro.
Sì, passione e potenziale e assolutamente puntare sulle persone.
Grazie Silvia!
Intervista a cura di Clelia Calabrò, Strategist e Director presso The Rebel Company
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